IMlog
Inspiration anyone? Not Microsoft
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Lunedì, 23 Giugno 2008 

Dopo "Bring the love back" Microsoft porta avanti la saga dell'advertiser e del consumer che non riescono ad entrare in contatto.
Questa volta mi sembra molto meno divertente e manca ovviamente l'originalita' della prima volta.

E' invece divertente come sul sito dedicato siano stati costretti a postare il video da YouTube, perche' evidentemente con SoapBox hanno avuto dei problemi :)

soapbox.png
Ikea colpisce ancora
Autore: Antonella.Cadeddu | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 22 Novembre 2007 

A parte qualche scivolone, continuano alla grande le attività online di Ikea. Dopo Ikea Dream Kitchen arrivano anche le camere da letto.

ikea_rooms.jpg

Il concept creativo è lo stesso nei due casi: si reinventa il catalogo, trasportandoci direttamente all'interno delle cucine e delle camere Ikea, dove sono catturati alcuni momenti di vita dei personaggi che le animano.
Entrambe le esperienze sono ad alto impatto emotivo, garantendo allo stesso tempo un accesso diretto alla scheda prodotto dei singoli oggetti che è possibile navigare e selezionare all'interno di ciascun ambiente.
Per quanto riguarda la realizzazione e la navigabilità preferisco l'esperienza "camere da letto": oltre ad essere molto più veloce nel caricamento, è stato aggiunto l'elemento video (rispetto alle sole foto a 360°, che meritano per la cura nella scelta del momento da immortalare) e il passaggio da una camera all'altra è molto più semplice e veloce (rispetto al tunnel di utensili da cucina).
Bravi per questo e gli altri interventi (compresi i feed da ciascun negozio) che hanno rinnovato completamente il sito.

Nokia non supporta Firefox... e io non supporto Nokia!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Lunedì, 5 Novembre 2007 

Ragazzi, siamo nel 2007 su!

nokia_firefox.jpg
Domain squatting: www.la7.tv
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 17 Ottobre 2007 

Certo che 10 euro per comprarlo si potevano spendere eh...

la7_tv.jpg
Che lavoro fai? Il Chief Listening Officer
Autore: Lucia.Vellandi | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 21 Giugno 2007 

Bella questa figura aziendale del Chief Listening Officer: "What, if instead of bombarding customers with more advertising, we listened more to them and used their feedback to improve the service provided?"
Quindi, l'ascolto come opportunità per migliorare.

Mi tornano in mente le parole di Layla Pavone durante la tavola rotonda di ieri all'Eba Forum, che rivolgendosi alle aziende diceva: "La prima cosa è la fase di ascolto, cerca di capire, poi tendi la mano e vedi cosa succede".
Per molte aziende non sarà facile: ascoltare e "tendere la mano" spesso non è nel loro DNA e richiede quindi un cambio di mentalità, ma credo che la strada sia inevitabilmente questa.

Skype Prime: fatti pagare per la tua conoscenza
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 15 Marzo 2007 

skype_prime.pngApprendo su Speedblog del lancio di un nuovo ed interessante servizio di Skype: Skype Prime.

In sostanza grazie a questo tool chiunque può creare il proprio servizio di consulenza online a pagamento. Le applicazioni possono essere molteplici, e non per forza legate alla tecnologia: può essere la spiegazione di una ricetta, l'assistenza per un prodotto/servizio acquistato, un corso di lingua, un call center erotico...

Il pagamento avviene tramite PayPal: finalmente la convergenza tra le aziende del gruppo inizia ad essere sfruttata.
Per completarla si potrebbero mettere all'asta su eBay le proprie prestazioni professionali che poi vengono erogate tramite Skype e pagate con PayPal.

Sono curioso di vedere quali altre applicazioni verranno inventate per ottimizzare questo potenziale: direi che di spazio ce n'è!

Corporate blog: finalmente si muove anche l'Italia
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Lunedì, 3 Aprile 2006 

Pare che i corporate blog stiano piano piano prendendo piede anche in Italia: Dopo aver parlato dei primi esempi (Europassistance , Infojobs e IWbank) allargo con piacere la recensione a 3 "nuovi" esemplari (in realtà sono online già da un po', ma non avevo avuto di postare... Shhh): Samsung, Ducati e NewPrice.

Il blog di Samsung Italia è tenuto dal responsabile web marketing Andrea Andreutti.
Ha un grosso difetto: non permette i commenti. L'autore però chiarisce subito che spera che la policy aziendale gli permetta asap di abilitare questa funzione.
A parte questo aspetto, non di poco conto, è un corporate blog praticamente perfetto, almeno per come intendo io questo strumento.
E' perfettamente integrato col sito isituzionale: è linkato al tab "News" ed ha visibilità in home page grazie ad un'icona apposita.
E' fortemente incentrato sui prodotti e sugli eventi a cui partecipa Samsung, ha la funzione di ricerca, gli RSS, la suddivisione per categorie, una grafica "integrata" e immagini di qualità. Complimenti!
Tra l'altro è scritto con un linguaggio informale e friendly e saltuariamente lascia spazio anche ad altro: per esempio è lì che ho scoperto la suite per chiavetta USB dei programmi Mozilla :)
http://www.samsung-italia.net

desmoblog_logo.gifIl blog di Ducati è tenuto invece dall'amministratore delegato, Federico Minoli ed è curato dai ragazzi di Blogo.
La grafica è molto sobria ed in linea con quella del sito istituzionale. Il blog è richiamato in home page con un'icone e addirittura una pagina introduttiva.
I commenti sono possibili e molto numerosi. Essendo la community Ducati distribuita in tutto il mondo, hanno avuto la giustissima pensata (a partire dagli ultimi post) di farlo bilingue in italiano e in inglese.
La frequenza dei post è buona, ogni 2/3 giorni.
Anche in questo caso il mio voto personale è molto alto.

logo_newprice.gifNewPrice da un lato non è paragonabile agli altri due, sia per la fame e il brand dell'azienda sia per la fattura del blog, ma dall'altro probabilmente ha un compito più difficile, essendo un blog di un sito di e-commerce.
Il blog è raggiungibile dalla sezione "Eventi speciali" dello shop, ma ha una grafica del tutto non coordinata ed addirittura non ha il logo!
I contenuti sono buoni: il giusto mood, un buon mix tra segnalazioni commerciali e "fuffa". Il colore disfondo dei post però è contro ogni regola dell'usabilità!
Note positive: è sviluppato con un software opensourse italiano (Dblog) e riporta gli indirizzi anche personali dello staff del sito.
In generale quindi una volta rivista la grafica l'idea è ottima e credo che conquisterà diversi utenti. Bisognerà vedere poi se e come trasformarli in clienti :)

Corporate blog in Italia
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 22 Settembre 2005 

Come dice Max nel suo commento al post precedente i "corporate blog scettici" non sono affatto in via d'estinzione. Ma sono felice di constatare che i "corporate blog convinti" (tra cui il sottoscritto) sono in aumento, anche in Italia.
Riporto qui sotto due esempi, appena scoperti: Europ Assistace e Infojobs.

logo_europassistance.gifEurop Assistance ha deciso di inaugurare un corporate blog dal tono molto informale, in cui vari dipendenti (o uno che cambia nome, ma è la stessa cosa) postano storie o episodi in cui viene dato risalto agli aspetti più in linea con il business dell'azienda.
E' ancora all'inizio, i post non sono frequentissimi, ma l'iniziativa è a mio modo di vedere lodevole. Dà una dimensione umana all'azienda, importante per chi dà asisstenza e permette di coinvolgere gli utenti.
Non condivido la scelta di appoggiarsi ad un provider (tra l'altro non leader) invece di implementare la cosa internamente.
Un grosso neo: nessuna integrazione con il sito web istituzionale, se non un link sul blog. Dal sito non c'è alcun riferimento al corporate blog: questione di tempo o paura diesporsi troppo?

logo_infojobs_blog.gifMolto migliore da tutti i punti di vista è quello di Infojobs: implementato a dovere, con il "giuto" URL, completamente integrato nel sito istituzionale, con RSS e tutto il resto.

E' il complemento ideale per un sito di recruiting, con consigli per compilare il CV, su come scrivere una buona lettera di presentazione ecc. (sull'esempio di quello di Monster).

Tutto perfetto? Veramente no, anzi. C'è un solo difetto, ma a mio modo di vedere il più grave per un blog: non permette i commenti!
La cosa "comica" è che li prevede, e infatti cliccando sulle categorie accanto ai post relativi c'è il link ai commenti, ovviamente tutti a zero.
In pratica al momento il bloog è usato semplicemente come tool di publishing, non come strumento di interazione e confronto con gli utenti.
Voglio pensare che si tratti di una cosa momentanea, diciamo un test, e per questo voglio apsettare prima di dare un giudizio.

Sarà un caso però che si tratti di due aziende straniere con sedi in Italia e non di aziende propriamente italiane?

Search engine recruiting?
Autore: Marco.Loguercio | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 31 Agosto 2005 

dumais_google.JPGSi sa, quello di cercare il proprio "nome+cognome" su Google per vedere cosa si dice di noi e' uno dei vezzi piu' diffusi anche in Italia.

Lo sanno perfettamente (ovviamente:-) anche quelli di Google che, dopo aver piu' volte conquistato gli onori della cronaca per le loro originali metodologie di recruitment per arrivare agli ingegneri piu' in gamba, si stanno ora muovendo anche con gli AdWords, i propri link sponsorizzati.

Come? "Acquistando", come parola chiave, nome e cognome della persona che interessa loro raggiungere, e facendo comparire a chi la cerca un link sponsorizzato che fa venire in mente i cartelloni statunitensi di reclutamento con l'immagine dello Zio Sam e la scritta "we want you".

Un esempio che circola in questi giorni nei forum e nei blog di settore e' quello relativo a Susan Dumais, ricercatrice di Microsoft.
Basta cercare su google il suo nome e cognome per averne (almeno fino al momento in cui scrivo) la dimostrazione.
Se veramente la Dumais e' nel mirino di Google, sicuramente raggiungerla in questa maniera viene a costare molto meno che non affidandosi ad una ben piu' costosa societa' di head hunting.
In realta', con quest'azione Google non intende raggiungere soltanto la diretta interessata, ma anche altri specialisti dello stesso settore che si portano su Google per cercare le pubblicazioni della Dumais. Piu' in target di cosi'...

Un esperimento analogo, finalizzato al recruitment di specialisti attraverso gli AdWords, lo stiamo conducendo da qualche settimana anche nell'azienda per cui lavoro, acquistando quelle parole chiave che sappiamo essere cercate principalmente dagli "addetti ai lavori" per verificare dove sia il proprio sito e quali siano i competitors.
Non abbiamo invece proprio mai pensato all'idea di acquistare nomi e cognomi; un'azione che, onestamente, mi sembrerebbe decisamente spudorata.

Che in futuro il C level ed i responsabili risorse umane di un'azienda debbano cominciare a cercare periodicamente su Google i nomi dei propri dipendenti chiave per vedere chi li stia puntando?


Commenti:

Sembra che Federico abbia ragione, leggo su Punto Informatico

Colpo grosso, Google assume Vinton Cerf
Dietro l'assunzione tutti i vantaggi di una delle menti più brillanti della rete, uno dei padri di Internet, che afferma: sarò valutato non per il mio passato ma per le mie idee sul futuro


Inviato da: MaurizioGoetz @ 09.09.05 10:19


Molti dei servizi di Google sembrano limitare la privacy ormai, non ultima la toolbar e la casella postale gmail. Però li utilizzo entrambi, perchè sono comodi...
Del resto per avere buoni servizi senza spendere bisogna spesso scendere a qualche compromesso...

Inviato da: Max Da Vià @ 02.09.05 19:42


Il buon senso aiuta sempre. Se hai dei risparmi non investirli nelle azioni di una stessa società, se hai diversi account di posta elettronica, cerca di usare provider diversi, ecc. Ecco perché non utilizzerò Google Talk, un po' perché sono fidelizzato e utilizzo Skype ma anche per evitare che i miei dati girino solo in un unico database.

Suvvia, Google non è un monopolio, è possibile usare anche altri motori anche se probabilmente Google è il migliore.
Ricordo a noi tutti che siamo ancora liberi nelle nostre scelte e per quanto Microsoft abbia il predominio dei browser io mi trovo benissimo con Firefox.

Inviato da: Maurizio Goetz @ 02.09.05 18:28


giro la questione: in che modo si puo' limitare un monopolio(che in realta' monopolio non e', non scherziamo...) con una base dal basso, ovvero uno pseudomonopolio scelto dalle presenute vittime del monopolio? ovvero: cosa dovrebbe fare la legge per limitare i possibili danni derivanti dalla mancata concorrenza? impedire agli utenti di fare ricerche, chattare, mandare mail?
E' in parte una provocazione, lo ammetto, ma in parte vorrei capire cosa viene chiesto a google e cosa al legislatore

Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 17:58


Matteo cerco di essere chiaro: la colpa non è di google che agisce in questo modo. Lo farei pure io se la legge me lo consentisse. Ma ahime dove c'e' monopolio di fatto in un settore( e google non si limita piu' gia' da tempo solo ad un settore) non c'e' nemmeno sana crescita di quel settore. E' il sistema intorno a quella realtà che consente certi meccanismi senza avere forza per intervenire. Vedi ad es. quello che succede in italia: se telecom offre un certo prodotto ad un prezzo troppo basso subito scatta l'antitrust (almeno in principio)a tutela di quel settore, perchè essendo troppo competitivi si uccide il mercato della concorrenza, che invece e' sano e sacrosanto. Vero anche che in italia certi settori conoscono una concorrenza fittizia e teorica, come appunto il settore della telefonia, quello delle assicurazioni e tanti altri. Ma in generale se non ci fossero le societa' concorrenti il mercato non avrebbe una "democratica" evoluzione, e il trend sarebbe deciso in modo dittatoriale dalla società leader del settore.

Inviato da: Jacopo Gonzales @ 02.09.05 17:18


Il problema è che Google ormai non è più un motore di ricerca (solo); è come parlare della Pirelli pensando che facciano pneumatici (solo).

Inviato da: federico riva @ 02.09.05 14:50


scusa Jacopo ma continuo a non seguirti. cosa dovrebbe fare Google in proposito? pagare meno i dipendenti? lasciare qualche brillante ricercatore alle altre aziende perche' se no sarebbe "evil"?
Sul fatto che le aziende non aprano nemmeno perche' c'e' Google mi permetto di dubitare fortemente, e riguardo all'essere acquisiti beh, ho idea che quelli di Keyhole e Picasa non siano poi cosi' disperati...
Non voglio difendere Google ad oltranza, sia chiaro (anzi, a breve postero' un intervento polemico), ma a mio parere se ci sono 100 possibilita' (e ci sono) e la maggioranza ne sceglie liberamente una senza alcuna costrizione (e lo fa) non si tratta di monopolio, ma di successo!

Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 14:02


Matteo non dico che google obblighi nessuno a lavorare per sè ci mancherebbe...sostenere una teoria simile sarebbe una castroneria.... Dico solo che di fatto, e questo mi pare innegabile, hanno il potere economico per accaparrarsi le menti piu' brillanti. Il che va bene fino ad un certo punto. A causa di questo molte società nella silicon valley ( cuore pulsante della tecnologia)non riuscendo ad essere competitive chiudono. Altre ancora, già sapendolo, nemmeno aprono i battenti. Altre, se hanno la fortuna (o sfortuna)di trovarsi sulla rotta di Google, vengono acquisite. In tutto questo sento puzza di monopolio, e da un certo punto di vista, anche di mancanza di concorrenza. Il che non è mai un bene.

Inviato da: Jacopo Gonzales @ 02.09.05 13:27


Jacopo scusa, stai dicendo che Google costringe le menti piu' brillanti e capaci a lavorare per se'? In che modo si puo' imputare a Google di essere appealing per i lavoratori? Va bene la privacy, ma questo veramente mi sembra eccessivo :)

Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 09:23


Trovo corrette e realistiche le osservazioni mosse da Federico. Questo, almeno in parte porta acqua al mio mulino. Ahimè queste sono le conseguenze di situazioni di oligopolio (per non parlare di monopolio). Aggiungo inoltre alla lista di pratiche 'disdicevoli' portate avanti dal googleplex anche la seguente che spesso passa un po' in sordina: che ne pensate della difficoltà (per non dire dell'impossibilità) che hanno la maggior parte delle compagnie della Silicon Valley di assumere menti brillanti e capaci perchè se le è già prese tutte Google? Libero mercato, o monopolio di fatto? La forza di Google poi non sta secondo voi creando un pericoloso monopolio dell'informazione, intesa in senso globale? A voi trarre le somme...Invito solo alla cautela

Inviato da: Jacopo Gonzales @ 01.09.05 14:11


Tra le pratiche 'disdicevoli' di Google questa mi sembra la meno grave sicuramente.
Il fatto per esempio che la toolbar di google si aggiorni automaticamente (mai visto un sw che si aggiorna automaticamente) è il segno della totale mancanza di rispetto per le più elementari norme procedrali (per parlare con Panunzio...). Ci sono altre cose che sono completamente 'unfair' : in primis il fatto che non esista un vero customer care per i clienti, inoltre il fatto che nessuno sappia quanto spendono i propri concorrenti (parlo degli adwords); quando sei partner non sai qual è la tua percentuale sugli adsense, nè quali adsense sono stati cliccati, insomma nulla di nulla: tutto sulla fiducia, di fatto tuttto sul fatto che non ci sono alternative migliori. Beati monoculi....

Inviato da: federico riva @ 01.09.05 12:48


Come avevo già scritto, non ritengo la pratica citata, così disdicevole, ma capisco che qualcuno invece pensi il contrario, ma il post di Jacopo mi ha fatto sorgere un dubbio, se non fosse stata Google ma Microsoft ad operare in questo modo,il nostro giudizio sarebbe stato lo stesso? Siamo sempre obiettivi o in virtù della nostra ammirazione per Google talvolta lo siamo meno?

Inviato da: Maurizio Goetz @ 01.09.05 12:04


Io sono uno di quelli che ritiene assolutamente privo di etica professionale un comportamento del genere da parte di Google (come da parte di chiunque altro). Inoltre non credo al concetto di viral marketing applicato a questo specifico caso. E' vero che se ne sta parlando davvero ovunque, su internet e non, vero anche che questo tipo di diffusione della notizia è praticamente gratuito. Il fatto che se ne parli pero' non significa che il comportamento sia giusto (o eticamente corretto), e che il messaggio trasmesso con questa notizia dia valore aggiunto all'immagine di Google, anzi, ne dubito profondamente. Occhio a giustificare tutto o a dare valenza positiva ad un comportamento di questo genere solo perchè la cosa rigurda Google.

Inviato da: Jacopo Gonzales @ 01.09.05 11:49


Secondo la legge americana sono ok. Penso che invece sia totalmente contrario alla legge italian, ma noi non siamo la Francia :)

Inviato da: federico riva @ 01.09.05 07:22


Chi mi conosce sa che sono assai contrario a che si tirino in ballo le leggi per avversare anche le pratiche in fondo abbastanza "innocenti", come quella di cui stiamo parlando. Mi sembra però che i nostri sistemi giuridici non siano del tutto favorevoli a che qualcuno utilizzi la notorietà del nome di qualcun altro, senza chiedere il consenso, per guadagnarne a sua volta.
Poi possiamo discutere su come questo schema giuridico sia ambiguo e talvolta difficilmente applicabile...

Inviato da: Sebastiano Pagani @ 31.08.05 14:29


Ma mi sembra un po' come quando Ryan Air per promuovere le sue linee aeree regala voli, è una forma efficace per Google, e non comporta costi, in più è virale, visto che siamo qui a parlarne. Non vedo problemi.

p.s Benvenuto Marco.

Inviato da: Maurizio Goetz @ 31.08.05 12:45


furto d'identita? non hanno mica preso il dominio, hanno solo associato una pubblicita' al nome, in maniera non equivoca. sinceramente non ci vedo nulla di male...
per quanto riguarda la dispersione beh, se compro Sigmund Freud si', ma per Susan Dumais (prima che la notizia uscisse ovviamente...) direi proprio di no. mi sembra ultratargettizzato e sul fatto di "pensare di cambiare lavoro" direi che anche se non ci stavano pensando forse per Google un pensierino ce lo fanno! No?

Inviato da: Matteo.Balzani @ 31.08.05 12:34


Acquistare il nome di una persona con Adwords? Più che spudorato mi sembra qualcosa di assai vicino al furto d'identità. Cmq più che avere nel mirino la persona di cui si è "comprato" il nome, sembra che nel mirino ci entri chi cerca informazioni su questa persona. E' un discorso valido quindi per i manager...Se cerco uno psicologo compro le keyphrase "sigmund freud", "jacques lacan" e così via con tutti i grandi psicanalisti...Certo mi sembra che ci sia una grossa dispersione, quanti di quelli che cercano informazioni su Susan Dumais stanno pensando di cambiare lavoro?

Inviato da: Sebastiano Pagani @ 31.08.05 12:07


http://www.google.com/search?num=100&hl=en&q=latent+semantic+indexing&spell=1

si può vedere anche a che cosa stanno lavorando.


Inviato da: federico riva @ 31.08.05 11:04

Search engine recruiting?
Autore: | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 31 Agosto 2005 

dumais_google.JPGSi sa, quello di cercare il proprio "nome+cognome" su Google per vedere cosa si dice di noi e' uno dei vezzi piu' diffusi anche in Italia.

Lo sanno perfettamente (ovviamente:-) anche quelli di Google che, dopo aver piu' volte conquistato gli onori della cronaca per le loro originali metodologie di recruitment per arrivare agli ingegneri piu' in gamba, si stanno ora muovendo anche con gli AdWords, i propri link sponsorizzati.

Come? "Acquistando", come parola chiave, nome e cognome della persona che interessa loro raggiungere, e facendo comparire a chi la cerca un link sponsorizzato che fa venire in mente i cartelloni statunitensi di reclutamento con l'immagine dello Zio Sam e la scritta "we want you".

Un esempio che circola in questi giorni nei forum e nei blog di settore e' quello relativo a Susan Dumais, ricercatrice di Microsoft.
Basta cercare su google il suo nome e cognome per averne (almeno fino al momento in cui scrivo) la dimostrazione.
Se veramente la Dumais e' nel mirino di Google, sicuramente raggiungerla in questa maniera viene a costare molto meno che non affidandosi ad una ben piu' costosa societa' di head hunting.
In realta', con quest'azione Google non intende raggiungere soltanto la diretta interessata, ma anche altri specialisti dello stesso settore che si portano su Google per cercare le pubblicazioni della Dumais. Piu' in target di cosi'...

Un esperimento analogo, finalizzato al recruitment di specialisti attraverso gli AdWords, lo stiamo conducendo da qualche settimana anche nell'azienda per cui lavoro, acquistando quelle parole chiave che sappiamo essere cercate principalmente dagli "addetti ai lavori" per verificare dove sia il proprio sito e quali siano i competitors.
Non abbiamo invece proprio mai pensato all'idea di acquistare nomi e cognomi; un'azione che, onestamente, mi sembrerebbe decisamente spudorata.

Che in futuro il C level ed i responsabili risorse umane di un'azienda debbano cominciare a cercare periodicamente su Google i nomi dei propri dipendenti chiave per vedere chi li stia puntando?

Filativa
Autore: Enrico.Bianchessi | Categoria: Internet per le aziende | Data: Lunedì, 25 Luglio 2005 

Via WOMMA, scopro questa inziativa online di Fila: un nuovo sito che, tra le altre cose, ospita i blog dei designer delle varie aree di prodotto, con l'intento di farli interagire con i visitatori del sito. Rob McClellan, direttore di Fila Online ha specificato che : “We didn’t want a forum on the site–they don’t get used. This is different. It’s a way for the designers to tell consumers a little bit about themselves, and hopefully, have the consumer feel connected to one or more of the designers. The next generation of product will be influenced by the feedback we receive in the blogs.” Un approccio senz'altro interessante, ma , per quanto ho visto, al momento totalmente riservata al mercato nordamericano.

Che lavoro fai? Il Chief Blogger!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 1 Giugno 2005 

Secondo questo articolo del Wall Street Journal fare il blogger in molti casi sta diventando un lavoro, proprio nel senso che si può essere assunti per farlo!
Viene citato in particolare l'esempio di tale Christine Halvorson, che fa la chief blogger in un'azienda del gruppo Danone.

Un dato interessante (fonte eMarketer) è questo: il 4% delle aziende americane ha un blog visibile all'esterno. Nell'articolo si dice "only 4%"...
Only? Qual è la % delle aziende italiane?

Così per sfizio ho provato a cercare "blog" su Monster e su TrovoJob. Qualcuno indovina il risultato?

Nuovamente cambiato l'algoritmo di indicizzazione di Google
Autore: Thomas.Grones | Categoria: Internet per le aziende | Data: Venerdì, 27 Maggio 2005 

google_result.gifDa pochi giorni Google ha cambiato modalità di indicizzare i siti e fornire i risultati. Speravo che la nuova "Google dance", come si chiama in gergo, portasse a pulire i risultati, sempre più sporchi e "spam like" nel motore.
Avete mai fatto caso a quanto non trovate rispetto a quanto trovavate prima? A
quanti siti che vi danno risultati che a propria volta sono elenchi di "pseudo"
risultati?

Bene... la Google dance in italia è ancora in piena attività, ed i suoi risultati sono veramente devastanti, ma mi sovviene una piccola riflessione, che vorrei condividere con voi:
1] Google cambia il suo algoritmo di ricerca
2] La vendita di spazi AdWords sale e così aumenta anche il valore per
determinate keyword e aumenta il fatturato determinato dal fatto che molti siti
stanno perdendo traffico... e vi assicuro che in questo momento in italia sono
tanti, e per recuperare riacquistano keyword.
3] Anche gli utenti di Google cliccheranno di più sui risultati di AdWords perchè i risultati nel motore sono sempre più "sporchi"… e quindi l'utente invece di ricevere nel "centrale" risultati pertinenti viene educato (dal
latino ex ducere…) a cliccare sui link sponsorizzati… (piccolo e insignificante esempio: cercate altoparlanti autoradio)
4] Ma in realtà anche il risultato spazzatura centrale va bene… perchè AdSense è il regno di tanti siti che vivono solo di quello e di sponsored links... e ovviamente chi clicca sui siti che contengono AdSense dà cash a Google!

Ed il cerchio si chiude. E' una provocazione, pura e semplice, ma per chi si danna l'anima nel recuperare il traffico dai motori arrampicandosi tra
ottimizzazioni e algoritmi diventa sempre più certa l'idea di essere in balia
di un tiranno
.

La mia piccola lotta allo spam
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 25 Maggio 2005 

spam.jpgLo spam è un fenomeno molto fastidioso e anche io come tutti ne sono vittima. Quando lo spammer viene dall’estero c’è ben poco che io possa fare se non munirmi di filtri antispam e sperare che funzionino.

Quando invece lo spammer è italiano ho sperimentato un metodo estremamente efficace. Rispondo con un testo oramai consolidato che fa riferimento ad una vecchia notizia del 21 giugno 2004, il cui testo ho rigorosamente conservato.

Questo è il testo della mia mail antispam


Caro spammer, ti ringrazio molto, con il tuo contributo mi pagherò le prossime vacanze.

Nuova forma di revenue per me: spamming, punito chi viola la privacy
Napoli: Giudice di Pace riconosce il danno da spamming. Liquidato il risarcimento Un risarcimento danni di 1000 euro, più 750 euro di spese legali, e la pubblicazione della sentenza di condanna sui maggiori quotidiani nazionali. Queste le conclusioni di una delle prime sentenze che riconosce il danno da spamming, emessa da un giudice di pace a Napoli.
"I messaggi pubblicitari di posta elettronica non richiesti e non preventivamente autorizzati - scrive il giudice nelle motivazioni - rappresentano una violazione della legge sulla privacy e la società che li invia deve rispondere del comportamento illecito dei propri dipendenti".
Nella causa, intentata dall'avvocato Angelo Pisani, del movimento Noi consumatori, ad un'azienda di articoli sportivi, il magistrato ha affermato che "l'invio di posta elettronica indesiderata è illegittimo sotto due profili: da un lato per la scorrettezza e l'illiceità del trattamento dei dati personali e dall'altro perchè provoca un'illegittima intrusione lesione della sua riservatezza".
Per queste ragioni, il giudice risarcisce il danno patrimoniale e il danno morale e, in particolare, ordina la pubblicazione del provvedimento, a spese dell'azienda, su alcuni quotidiani e su due settimanali.

Vi invito a provare l’efficacia di questo testo, funziona davvero. Per gli altri spammer ancora non ho trovato un sistema efficace, ma in caso ve lo farò sapere.

Google Yellow Pages
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 9 Febbraio 2005 

Ebbene sì, ancora Google. Ma non è colpa mia se ne fanno una al minuto!
La novità questa volta è Google Maps, un tool per trovare indirizzi, ma anche esercizi commerciali etc. Una sorta di incrocio tra il Tuttocittà e la Pagine Gialle.

Come al solito non sarò obiettivo, ma è veramente perfetto: la grafica, l'usabilità, le funzionalità. Scusate il termine poco tecnico, ma è una vera figata!
Ovviamente è ancora in beta e ovviamente è solo per gli USA, ma attendiamo con ansia la versione europea. Oddio, forse Seat - PagineGialle l'attende con un po' meno ansia...


google_maps.gif

Trenitalia ed il CRM
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Pensieri Laterali | Data: Giovedì, 27 Gennaio 2005 

Con grande fatica Trenitalia si sta lentamente avvicinamento al concetto di "cliente". Hanno migliorato e potenziato il loro sito che offre un servizio molto utile come l'orario dei treni e la possibilità di richiedere la intercity card per partecipare ad un programma di fidelizzazione, in cui il web offre la possibilità di vedere il saldo dei punti accumulati, richiedere i premi e via discorrendo. Viaggio spesso per lavoro e ho in tasca una intercity card che oggi è totalmente inutilizzabile. Non so se sia per negligenza, per volontà di risparmiare o qualsiasi ragione che ignoro, il mio codice cliente non è inserito all'interno della striscia magnetica, ma apposto alla card tramite stampa; essendo oggi questa non più leggibile, rende del tuttoi inutilizzabile la mia "fidelity card".

E' proprio vero che come affermava nel 2000 Melissa Shore di Jupiter, loyalty is not only about loyalty progrrams.

Scusate se insisto ma credo che la "fedeltà" bisogna guadagnarsela. Voi che ne pensate?

Linee aeree: a scuola di trasparenza
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Internet per le aziende | Data: Sabato, 15 Gennaio 2005 

Alzi la mano, chi fra voi, non ha almeno una volta confrontato i prezzi dei biglietti delle linee aeree. Alcune competono sui prezzi e altre sul comfort e sulla qualità del servizio.
Che senso hanno queste promozioni di Alitalia quando, quello che conta per il consumatore, non è sapere quanta parte del prezzo richiesto va alle compagnie aeree e quanta parte sono tasse, piuttosto quanto è l’esborso totale a fronte di un determinato livello di servizio?

I consumatori non sono stupidi, soprattutto quelli che cercano informazioni sulla rete e sanno giudicare benissimo. E’ evidente che con le campagnie aeree low cost non possiamo scegliere gli orari che vogliamo, gli aeroporti sono solitamente lontani e quindi dobbiamo includere anche altri costi in aggiunta al prezzo del biglietto. Esiste un mercato per il low cost, ed esiste un mercato per il trasporto aereo molto confortevole

Per favore non prendeteci in giro dicendoci che un biglietto
Milano-Roma parte da 49 euro (solo andata) quando alla fine dobbiamo pagare di più. Alitalia dovrebbe chiarisi e chiarirci se vuole competere sul prezzo oppure sul servizio qualunque cosa decida di fare un po' di trasparenza non guasta

Comincia in TV, finisce sul sito
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Martedì, 5 Ottobre 2004 

volvocarsLa nuova campagna di advertising televisivo di Volvo punta sull'integrazione tra la TV e il web per comunicare con il proprio target, riappropriandosi di una strategia vecchia quanto il web, o meglio vecchia quanto la scoperta del web da parte delle aziende, ma ciò non di meno efficace.

Lo spot infatti propone uno spezzone di film e rimanda esplicitamente al sito www.volvocars.it per vederlo tutto. Questo utilizzo del sito aziendale è a mio modo di vedere assolutamente corretto: i 30'' di un commercial non sono sufficienti a illustrare tutto quello che si vuole far conoscere al potenziale cliente, per questioni spazio, di tempo e di formato, quindi molto meglio "linkare" intersemioticamente al web, dove tutto ciò è possibile.
Ricordo addirittura di aver parlato di queste cose nella mia tesi di laurea, scritta nel lontano 1999.

La cosa è vecchia e banale ma pochissime aziende la recepiscono e utilizzano correttamente il proprio sito web, che spesso anzi è del tutto slegato dalla comunicazione sugli altri mezzi.
Il sito Volvo invece, fatto ad hoc, riprende i colori, lo stile e il "mood" dello spot, dando così un senso di continuità alla comunicazione. La grafica e la funzionalità sono ottime, ma senza una connessione a banda larga evitate di visitarlo.
Se poi serva a vendere più auto non lo so, ma dal punto di vista della corporate image e della veicolazione del brand è un ottimo lavoro!

Il marketing scopre l'opensource (e viceversa)
Autore: Gianluca.Diegoli | Categoria: Internet per le aziende | Data: Martedì, 28 Settembre 2004 

Sono passati quattro anni da quando parlai al Linux Meeting, e ricordo ancora bene l'apprensione nel parlare di "opensource per le aziende" a una platea composta di smanettoni duri e puri (tra l'altro qualche commento pepato c'è ancora in qualche forum, del tipo "era un commerciale..."). Alla fine, dissi, "va bene il webserver, il mailserver, l'instant messaging, ecc. ecc. ma quello che manca è qualcosa che possa essere usato dalle aziende per il proprio business, come un gestionale o un software di business intelligence..."

Dall'aria stupita della platea, si capiva molto bene quanto Linux e il movimento del software libero fossero lontani anni luce dal marketing, e niente lasciava presagire un loro utilizzo per software piu' vicini alla realta' quotidiana delle vendite, dell'analisi di marketing, della business intelligence, del data mining, del CRM.

Ho continuato a pensarlo fino alla lettura di questo articolo su Clickz.com, in cui si passano in rassegna diversi software web-based utili ad avvicinare l'azienda a sistemi che solitamente costano, solamente per le licenze, cifre fuori portata per realta' medio-piccole. E non solo: se quattro anni fa, con il costo dei programmatori ai massimi storici poteva essere conveniente acquistare una licenza pacchettizzata, ad alto costo, purche' fosse customizzabile in tempi brevi, nel 2004 la disponibilità e il costo dei programmatori si sono rovesciati.

Il mondo è cambiato: vale la pena di prendere in considerazione questi software liberi, anche a costo di spendere soldi in personalizzazioni successive.

Posta Elettronica Certificata (e due)
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Sabato, 10 Luglio 2004 

Ho già affrontato l'argomento Posta Elettronica Certificata in passato (qui). Allora era stata appena discussa una bozza di DPR, nata con lo scopo di fissare le regole tecniche per il lancio del servizio di Posta Elettronica Certificata. In seguito quel DPR è stato approvato in forma definitiva dal Consiglio dei Ministri.

Oggi torno ad occuparmene, in quanto sto approfondendo la questione per lavoro (la nostra società sta sviluppando una soluzione per offrire questo servizio), ed ho scoperto che non c'è molta chiarezza intorno ad alcuni concetti chiave.

Cos'è la Posta Elettronica Certificata
E' un sistema di comunicazione elettronica che, grazie alla sue "doti" di tracciabilità ed inviolabilità, stabilisce l'equivalenza tra il messaggio e-mail (inviato tramite questo sistema) e la tradizionale raccomandata A/R. Ovviamente ciò che più interessa all'utente finale, oltre alla onnipresente sicurezza delle comunicazioni, è proprio il valore legale che viene riconosciuto alle e-mail certificate, che le rende opponibili come prove in caso di giudizio.

Ma la PEC non offre solo questo; le sue garanzie superano quelle offerte dalla raccomandata A/R; innanzitutto gli utenti di PEC non certificano solo i messaggi che inviano ma anche la loro stessa identità. Sappiamo benissimo quanto è semplice inviare un messaggio di posta elettronica falsificando la propria identità senza correre il rischio di essere scoperti. Con la PEC il destinatario di un messaggio potrà essere sicuro che l'identità mostrata dal mittente è quella reale.

Un messaggio di PEC viene certificato in ogni fase del suo percorso: l'utente che invia un messaggio tramite questo sistema riceverà una ricevuta per la presa in carico del messaggio da parte del suo mail server, una ricevuta per l'arrivo del messaggio sul mail server del destinatario (solo se anch'egli è utente di PEC), ed infine una ricevuta della consegna del messaggio nella casella del destinatario (anche in questo caso solo se anch'egli è utente di PEC). Queste ricevute non si limitano a certificare data e ora, ma anche l'oggetto del messaggio e-mail e la presenza di eventuali allegati.

Chi fa cosa?

Gli utenti di PEC: Sono naturalmente coloro che hanno acquistato il software (o si sono abbonati al servizio) per acquisire la possibilità di inviare e-mail certificate. Il problema degli utenti è avere un vantaggio immediato da questo sistema di comunicazione elettronica: in sostanza è necessaria una massa critica di utenti che accresca l'utilità di tutto il sistema di PEC.
In questo senso è confortante sapere che la PA centrale (ed in parte quella locale) hanno già adottato il sistema di PEC. Quindi è possibile effettuare le comunicazioni amministrative verso gli enti pubblici tramite questo sistema, ottenendo già oggi un notevole risparmio sulle comunicazioni. Questo può essere il driver principale per la penetrazione del servizio anche nelle realtà aziendali.

I vantaggi per gli utenti sono infatti principalmente due:

1- il risparmio di costi rispetto all'invio di una raccomandata A/R
2- lo snellimento delle procedure, del quale beneficieranno soprattutto le aziende che avendo già una "filiera documentale" interamente digitale, possono digitalizzare anche l'ultimo step del processo: l'invio di documenti verso l'esterno, in maniera sicura e certificata.

Si può supporre che un giorno i vantaggi del servizio di PEC potranno ricadere anche sul privato cittadino, sia per le comunicazioni con la PA, sia per quelle verso le aziende (ad esempio per la disdetta di un contratto, che oggi richiede la spedizione con raccomandata A/R).

I Gestori di PEC: sono le realtà, software house grandi o piccole, ISP, enti pubblici, che offrono il servizio di Posta Elettronica Certificata. Per diventare Gestori di PEC è necessario attrezzarsi tecnologicamente e superare il vaglio del Cnipa. In questo senso si sono già mossi i "colossi" quali Microsoft, Sun, Oracle, ma anche piccole e dinamiche società tutte italiane. Possono offrire il servizio come software per mail server (ad esempio plug-in per MS Exchange), oppure come servizio ASP.
E' disponibile sul sito web del Cnipa la lista degli operatori e la lista delle soluzioni che hanno superato i test effettuati dal Centro.

Il Cnipa: La Posta Elettronica Certificata è un servizio che, già oggi, viene offerto da diversi operatori privati (ma anche enti pubblici, quali la Regione Lazio); il compito del Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione è di verificare l'interoperabilità tra i servizi offerti dai diversi gestori di PEC, affiché l'utente del servizio X sia in grado di comunicare con l'utente del servizio Y.

Spero, con questo articolo, di aver offerto dei punti fermi per comprendere (ed eventualmente scegliere con consapevolezza) il servizio di Posta Elettronica Certificata. E' chiaro che questo chi ha creato la normativa di base per il servizio di PEC (che è il naturale proseguimento della legge 59/97 sulla firma digitale, e del DPR 445/2000 sulla Documentazione Amministrativa) ha l'ambizione di creare uno standard per le comunicazioni elettroniche. Quindi sono certo che se ne sentirà ancora parlare.

Marketing di frontiera
Autore: Gianluca.Demarchi | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 25 Marzo 2004 

Il protocollo TCP/IP deve andare a braccetto con la flessibilità.

Questa considerazione deriva dall’insindacabile esigenza di poter sullo stesso utilizzare applicazioni e far transitare dati estremamente differenti tra loro senza per questo dover superare valli adrianeschi: e ciò va inevitabilmente a scapito della sicurezza.

Pensare e sperare che qualcuno possa modificare il mondo esterno all’azienda per garantire la sicurezza dei dati di quest'ultima è un grosso errore di valutazione.

Ne conseguirebbe che, nell’attesa, l’unico computer sicuro potrebbe essere quello riposto in una stanza chiusa dotata di porta blindata, scollegato dalla Rete, spento; e a patto che vi fossero due guardie armate a vigilare il suo stato.

Quel computer sarebbe sicuro, ma evidentemente incapace di dialogare con chicchessia.

Nella realtà non messianica, la stragrande maggioranza dei dati elaborati hanno esigenza di essere trasmessi, per avere un motivo di esistere nei conti economici dell’azienda.

Ognuno deve essere in grado di difendere le proprie frontiere senza per questo limitare grandemente l’operatività.

Investire nella sicurezza significa non solo effettuare un efficace setup del sistema, ma soprattutto prevederne massiccia manutenzione e aggiornamento.

Infatti se si può strutturare il sistema di protezione al meglio nel momento della sua realizzazione è impossibile precedere ciò che accadrà nell’immediato futuro: l’evoluzione della Rete è continua ed incredibile e mentre sto scrivendo nuove falle del sistema vengono scovate e nuovi virus vedono la luce.

Trasmettere ai clienti questi concetti di base è assai importante per poter poi proporre delle soluzioni riguardanti la sicurezza e la protezione dei dati.

Spesso le soluzioni pacchettizzate non si dimostrano le migliori. Per chi voglia davvero proporre dei sistemi di sicurezza efficaci ed in grado di stare al passo con i cambiamenti continui della Rete, consiglio di affidarsi spassionatamente e senza remore all’open source puro e scevro da traghettamenti e masticazioni di sorta. (non starò qui naturalmente a descrivere soluzioni dettagliate, le quali delego invece a quel tecnico che ogni buon fornitore e venditore della sicurezza deve saper trovare, valorizzare e inserire all’interno della propria struttura)

Inoltre l’open-source ha il vantaggio di essere praticamente gratuito e, appunto, open-source; ossia i sorgenti sono disponibili e liberamente modificabili dal sistemista che dispone in questo modo di un controllo totale su qualunque aspetto del sistema e di tutta l'infrastruttura di comunicazione. La granularità con la quale si può intervenire su questo tipo di sistemi è davvero appagante.

Il cliente potrà così trovare in voi e in quello che rappresentate innanzi tutto un consulente e poi anche, contestualmente, un fornitore di vitali servizi: e vi pagherà molto bene. Investirà su di voi e non su licenze software o su costosissimi hardware.

La sicurezza è consulenza, la consulenza è sicurezza: far diffidare delle imitazioni!

Dall'off-line all'on-line e ritorno
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Martedì, 16 Marzo 2004 

Si sa che il libro è sempre meglio del film, e troppo spesso questo non vale solo per il rapporto letteratura-cinema.
Nella maggior parte dei casi i siti web che nascono come corrispettivo on-line di un'iniziativa off-line sono decisamente fatti male. Di solito tendono all'estremo, quindi o rappresentano una semplice trasposizione intersemiotica (tra due diversi media) senza nulla aggiungere al prodotto originale e senza soprattutto sfruttare le peculiarità del mezzo Internet, oppure sostituiscono la versione off-line in tutto e per tutto, creando un pericoloso conflitto di canale, soprattutto per le iniziative a carattere commerciale.

In alcuni casi la grafica è trascuratissima e pesante, semplicemente perchè non è grafica per il web, viceversa in altri tutto è incentrato sulla grafica senza offrire contentuti o servizi che giustifichino l'esistenza di un sito web.

In questo post vorrei però parlare di due esempi positivi, due siti cioè che integrano e completano i rispettivi "originali" e offrono una web experience valida e significativa: www.internazionale.it, sito della rivista settimanale omonima, e www.cameracafe.it, sito della sit-com di Italia1.

-> Internazionale
www.internazionale.it già al primo impatto con la home page si presenta come un sito chiaro e ben organizzato. La grafica non riprende quella della rivista cartacea ma mantiene un'impostazione chiara e semplice, alla quale sono abituati i lettori.
On-line viene offerta una parte dei contenuti, ma non certo una quantità tale da rendere ingiustificato l'acquisto della rivista. Ci sono articoli, segnalazioni, l'agenda, e in più l'elenco delle firme con relativo profilo, cosa che ovviamente sarebbe impossibile pubblicare in ogni numero di Internazionale in edicola.
Ma veniamo allo specifico del web, che rende il sito complementare ma anche uno strumento informativo e comunicativo diverso e per certi versi superiore alla pagina scritta:
- blog: sono disponibili 5 diversi blog, gestiti in maniera non istituzionale, ma semplicemente come aggregazione di opinioni e pareri di alcuni autori, divisi per temi. A giudicare dal numero di commenti i blog hanno un discreto successo.
- e-commerce: sono acquistabili online i DVD presentati e allegati alla rivista, i libri e i gadget speciali (ad esempio la bellissima cartina geografica down-under). Non ho completato l'acquisto, ma la modalità di acquisto mi sembra semplice e intuitiva. Per quanto riguarda il servizio vi saprò dire più avanti, quando avrò potuto effettivamente testarlo.
- abbonamenti: uso il plurale perchè oltre alla possibilità di sottoscrivere on-line l'abbonamento alla rivista cartacea, su Internazionale.it è possibile anche effettuare un abbonamento alla versione digitale della rivista.
Alla luce di queste osservazioni e dei servizi disponibili devo dire che a mio parere il sito rappresenta una vera e propria integrazione della rivista e un incentivo all'acquisto, quindi un mezzo per aumentare il numero di lettori e di conseguenza il business della rivista.

-> Camera Cafè
L'home page del sito rimanda immediatamente all'atmosfera della versione televisiva. Stesso logo, stessi colori, stesso font utilizzati in TV. Disponibili online e scaricabili gli episodi ma anche wallpaper, cartoline, immagini dei protagonisti.
Ottima iniziativa poi quella di dare la possibilità ai navigatori di suggerire nuove trame per gli episodi, che potranno poi esseere effettivamente realizzati e mandati in onda.
Sono presenti inoltre altre possibilità di contatto con gli attori: ognuno ha un proprio "forum" tramite il quale rispondere. Che poi siano loro stessi a rispondere o il webmaster del sito è abbastanza irrilevante, l'importante è la percezione degli utenti e il loro senrtirsi ascoltati.
Anche in questo caso il sito non sostituisce l'originale televiso, ma anzi lo completa e lo esalta, rimandando alla visione dei futuri episodi e integrando gli stessi rendendo attiva la partecipazione alla sit-com, cosa che ovviamente il mezzo TV non può, per sua natura, rendere possibile.

Questi due siti a mio parere rappresentano un ottimo modo di utilizzare il web per rafforzare e completare un prodotto off-line, sia esso una rivista, una trasmissione televisiva, ma anche un brand, un servizio, una campagna pubblicitaria.
Gli esempi negativi si sprecano e non ne vorrei fare. Mi permetto di segnalarne uno solo perchè sono un grande fan del prodotto originale e sono rimasto delusissimo dalla versione on-line. Sto parlando di Blob, che a mio avviso è la migliore trasmissione della TV italiana ma ha un sito davvero imbarazzante da qualsiasi punto di vista, dal look&feel ai contenuti (praticamente inesistenti) all'interattività. Sono convinto che come me molti estimatori della striscia televisiva di Rai3 apprezzerebbero molto una completa trasformazione del sito www.blob.rai.it

Web Recruitment e miglioramento dei processi di selezione
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 10 Marzo 2004 

E' un fatto consolidato che le teorie di organizzazione aziendale hanno da tempo superato la concezione del personale di un'azienda come semplice "forza produttiva", per attribuirgli il concetto più esteso di "valore strategico" per la vita dell'azienda, per il suo sviluppo, per quella che - usando un linguaggio "confindustriale" - si può chiamare "capacità di competere".
Questa evoluzione nella considerazione delle risorse umane ha portato, oltre che al diffondersi di diverse culture organizzative, anche associate al cosiddetto lavoro immateriale, ed allo studio ed applicazione di strumenti finalizzati alla misurazione ed alla valutazione delle risorse umane, al riconoscimento dell'importanza strategica del momento di ricerca e selezione del personale.

Quella che vorrei analizzare è la possibilità dell'impiego di strumenti di web recruitment per il miglioramento e lo snellimento del processo di selezione.
Innanzitutto conviene attuare una delimitazione schematica degli strumenti di web recruitment, in ordine crescente di complessità:
- Area "Recruitment" nel sito corporate: informazioni sull'ambiente di lavoro, posizioni aperte, form di contatto;
- Database di profili professionali, gestiti da terzi ed accessibili dal web, con metodi di ricerca "match & find";
- Servizi di pre-selezione tramite "on-line assessment tests";
- Colloqui di screening a distanza, in video-conferenza (banda larga);
- Presentazioni aziendali ed eventi di "on-line recruiting", in video-conferenza;

Ognuno di questi strumenti, usato singolarmente o all'interno di un processo ben definito, potrebbe (condizionale) portare ad un miglioramento del processo di ricerca del personale. Gli strumenti per raggiungere questo obiettivo ci sono tutti; la tecnologia aiuterebbe soprattutto la fase di verifica della presenza di competenze chiave richieste dal ruolo vacante, tramite una ricerca testuale, per parole chiave, delle competenze stesse all'interno di DB di profili professionali, sia tramite la somministrazione a distanza di test di assessment (psico-attitudinali), atti anche in questo caso ad effettuare una prima, rapida, scrematura dei candidati. I benefici principali sono riassumibili, dal punto di vista dell'azienda, in una maggior rapidità del momento di raccolta delle candidature valide, che saranno approfondite ed ulteriormente scremate durante i colloqui. Mi riesce ancora difficile immaginare (ma non si sa mai) lo svolgimento dell'intero processo di selezione secondo una modalità "on-line", a distanza, in video-conferenza oppure con altri strumenti asincroni.

I destinatari, vale a dire gli utilizzatori potenziali, degli strumenti di web recruitment potrebbero essere prima di tutto le società che si occupano di ricerca e selezione del personale (dalle società di fornitura del lavoro temporaneo agli head hunter), che li utilizzeranno per accrescere le loro possibilità di trovare i giusti candidati per le loro aziende-clienti, ma anche i Responsabili/Addetti alla funzione Risorse Umane delle aziende (o anche direttamente i manager di linea) potrebbero esserne interessati.
La tendenza delle aziende è quella di affidare all'esterno le attività di ricerca e prima selezione del personale, scelta motivata non da una riduzione dei costi ma dal fatto che alle società esterne sono riconosciute delle rilevanti competenze specifiche, come risulta da una ricerca dell'I-LAB Bocconi (PDF); questo conferma che la ricerca e selezione del personale è un processo strategico, da affidare a specialisti.

Secondo me ci sono alcuni aspetti da valutare, in merito al web recruitment:

- Adattabilità ai diversi profili professionali.
Come si adatta l'utilizzo di questi strumenti al diverso livello professionale dei candidati oggetto di un processo di web recruitment: è facile intuire (ma si potrebbe farne l'oggetto di una ricerca/sperimentazione) che si adatti molto bene alla selezione di personale poco qualificato, che si adatti in parte anche al personale qualificato (solo per una pre-selezione), mentre non sia per nulla adatto alla selezione di quadri e manager (personale altamente qualificato);

- Virtualità Vs. abitudini consolidate.
Come si scontra la "virtualità" degli strumenti di web recruitment con l'abitudine delle aziende di servirsi di conoscenze e contatti informali per conoscere e valutare potenziali candidati, e con l'endemica scarsa trasparenza delle aziende italiane quando si tratta di presentarsi verso l'esterno (e quindi anche verso i potenziali collaboratori) per quello che sono, e con la riluttanza, che ognuno può constatare leggendo le molte inserzioni di offerta di lavoro, che le aziende hanno nel descrivere dettagliatamente la persona che stanno cercando e cosa loro sono disposti ad offrire al proprio potenziale collaboratore (in termini economici, ma non solo);

Insomma, il recruiting via web può essere utile, ma non per tutti e subito; per molte aziende probabilmente sarà necessario comprendere, prima di utilizzare il web per la selezione del personale, l'importanza di presentare delle offerte di lavoro chiare ai candidati, complete, e trasparenti (nonché veritiere). Questo aiuterebbe ad instaurare un rapporto corretto con il futuro collaboratore sin dal primissimo contatto (senza ingenerare illusioni e false speranze, con la conseguenza di un deterioramento graduale dei rapporti, fino all'estremità di comportamenti anti-aziendali), e predisporrebbe l'azienda ad utilizzare gli strumenti di web recruitment, i quali - più della selezione tradizionale - le richiedono di essere disponibile ed aperta alle esigenze di informazione dei candidati che sta valutando, ed alla valutazione imparziale delle loro potenzialità.

Occorre anche, da parte dell'azienda, non cadere nella tentazione dell'eccessiva automazione della ricerca e selezione del personale, ovvero nella riduzione del processo di selezione alla sola funzione di matching delle competenze auto-certificate dal candidato con le competenze richieste dal ruolo offerto (questo lo fanno già le società del lavoro interinale, pur senza usare Internet, anche selezionando professionalità che io non darei mai da selezionare a questo genere di società); questo modo di procedere è incompatibile con la valutazione delle persone, che non può essere basata solo sulla verifica di questa corrispondenza, fatta "sulla carta".
Si tratta di un atteggiamento riduttivo, prima di tutto perché il curriculum vitae è solo un primo mezzo di presentazione, ma non quello più chiaro nel far percepire la verità e le caratteristiche individuali di un candidato; una persona non è solo quello che sa fare, ma anche come sa essere, e come può diventare.

Secondo me l'utilizzo degli strumenti di web recruitment è auspicabile solo se questi verranno usati per beneficio sia dell'azienda sia dei candidati. Il beneficio per l'azienda dovrebbe consistere nel miglioramento della fase di pre-selezione e nell'educazione (incentivata) a chiarire prima di tutto a se stessa che persona sta cercando, per poter così formulare delle ricerche mirate, ed evitare di perdere tempo (e farlo perdere quando, spessissimo, vengono convocati candidati non in linea con quanto ricercato). Per i candidati invece il beneficio principale dovrebbe consistere nell'aumento delle possibilità di accesso alle selezioni in corso nelle aziende.
Gli obiettivi centrali dovrebbero essere, per riassumere:
- la qualità: intesa come qualità del processo di selezione e di conseguenza qualità dei candidati esaminati (qualità = corrispondenza del candidato alle necessità dell'azienda);
- l'equità: equità nell'accesso alla selezione e nel processo stesso di selezione; verifica del reale valore dei candidati, non solo in funzione di quanto sanno fare - cioè dei compiti che sanno svolgere, quasi come se anziché un collaboratore si volesse "assumere" un software - ma in funzione di come sanno essere.

Network aziendali. Reti d'imprese = imprese in Rete?
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Mercoledì, 25 Febbraio 2004 

Le imprese italiane sono potenzialmente (e spesso anche effettivamente) parte di un Network, costituito da:

  • altre imprese come loro: associazioni industriali ed imprenditoriali, più o meno settoriali;
  • fornitori e distributori: filiera;
  • amministrazioni locali, mondo politico e sindacale, associazioni e movimenti;
  • poteri "vari": mondo finanziario e di nuovo mondo politico, gruppi di pressione (lobbying).

Questo brevissimo elenco è volutamente generico, ovvero tendenzialmente valido per tutte le tipologie di aziende piccole/medie/grandi, anche se il mio ragionamento è iniziato pensando in particolare alle PMI ed ai distretti industriali; perché si tratta di una particolarità italiana, e perché le PMI sono spesso le più recidive nell'uso avanzato di Internet (per avanzato intendo: al servizio del business).

E' possibile quindi allungare la mia lista, in base al settore merceologico di cui l'azienda fa parte, oppure in base alla sua "internazionalità" (sbocchi di mercato esteri, fornitori posizionati fuori dal paese, presenza all'estero di impianti produttivi), aggiungendo altri attori quali le autorità amministrativo/politiche ed economiche del paese o dei paesi in cui opera, ed in genere le forze sociali attive localmente.

Non dimentico che possiamo considerare parte di questo Network anche il consumatore/cliente finale, ed il lavoratore (risorsa) dell'azienda; ma in questo articolo non sono interessato - e spero non me ne vogliano - a parlar di loro.

Premesso che l'Internet è nata - con un nome diverso - per connettere e far cooperare diversi punti nodali - inizialmente si trattava di centri scientifici e di ricerca -, la mia idea è la seguente: le imprese italiane, in particolare quelle dei distretti industriali, sono già parte di uno scenario fatto da nodi connessi tra loro. Secondo me, quindi, sono già mentalmente - ma inconsciamente - pronte all'utilizzo dell'Internet (la Rete) per il mantenimento e lo sviluppo del loro "Network aziendale/politico/economico/sociale". Quel che manca loro, probabilmente, è la coscienza delle potenzialità dello sviluppo cooperativo all'interno del Network nel quale sono - anche geograficamente - immerse, e del vantaggio derivante dall'utilizzo della Rete come strumento per svilupparlo, ad esempio:

  • comunicando con il contesto sociale e politico del quale sono geograficamente ed economicamente parte;
  • gestendo i partner, i fornitori, i distributori, la filiera in genere.

Quel che manca alle imprese dei distretti è oltretutto la confidenza con le tecnologie dell'informazione, e probabilmente esse hanno anche la convinzione di poterne fare a meno, per non dire che le temono.

Per questo la mia conclusione si rivolge ai consulenti che vorrebbero condurre le aziende italiane ad utilizzare efficacemente l'Internet, come strumento avanzato per il loro business; secondo il mio modesto parere, buona parte di queste aziende fa Network e pratica "economie di Rete" ogni giorno, e se si riesce a far comprendere loro questo fatto, si può pensare di aver già fatto un importante passo verso il loro posizionamento nella Rete.
Riguardo alle tecnologie...queste vengono solo dopo, e quando si promuove una certa "cultura", magari anche la tecnologia di supporto può venire percepita - se non come utile -, almeno come non dannosa. Si tratta, quindi, dapprima di un processo culturale, e solo successivamente tecnologico, anche se troppo spesso il mercato IT ha funzionato al contrario (esclusi pochi casi eccellenti): viene fornita la tecnologia (sistemi, applicazioni), senza la cultura necessaria ad utilizzarla. (Detto tra parentesi, per questo apprezzo i blog: tecnologia semplice e concentrazione sul contenuto e sulla sperimentazione dei diversi utilizzi possibili, dall'uso aziendale a quello "privatistico")

p.s. L'idea per questo articolo è nata navigando su Linkedin, sito per lo sviluppo di network professionali, che può essere di spunto per la costruzione, con metodi analoghi, di network imprenditoriali o trasversali (comunità locali + imprese, ad esempio). Per l'Italia si può vedere Consulteque, dove i liberi professionisti possono incontrare le aziende alla ricerca di prestazioni lavorative "a contratto", e dove le aziende possono conoscere e testare alcuni collaboratori, sviluppando un loro Network di professionisti esterni conosciuti ed affidabili.

E io non clicco!
Autore: M. Bancora | Categoria: Internet per le aziende | Data: Lunedì, 16 Febbraio 2004 

Forse non è il caso di scrivere un articolo come ironizza Luciano Giustini nel suo blog. Non è un problema fondamentale del web design, altrettanto vero. Però il problema del clicca qui all'interno delle pagine Web me lo sono dovuto porre spesso.

Abbiamo dovuto affrontare processi di acquisto anche abbastanza complessi: pagamento con carta di credito, in contanti, in contrassegno, consegna a domicilio, in negozio, carrello, ordine, conferma d'ordine, ecc. Insomma una serie di alternative che possono confondere anche il più navigato degli utenti e bloccare il maggiore esperto di usabilità.

Resta il fatto che dopo aver condotto alcuni test di usabilità, se un utente non clicca perchè non capisce che un bottone lo porta allo stadio successivo, pur sapendo che quel bottone è stato interpretato correttamente dal 95% del campione, allora preferisco mettere un bel CLICCA QUI. Sarà ridondante per il 95% dei miei clienti, ma così facendo non rischio di perdere il 5% del mio fatturato.

È permission?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Internet per le aziende | Data: Giovedì, 12 Febbraio 2004 

permission.gifStamattina mi sono iscritto (ma forse lo ero già, boh) alla newsletter di Seth Godin, quello di "Permission marketing" e "Unleashing the ideavirus".
Ho notato che nella pagina di conferma dell'iscrizione la parte dedicata alla promozione dei suoi libri non era aggiornata e non conteneva l'ultimo, "Purple cow". Così ho pensato di scrivergli una mail, nella quale gli facevo i complimenti e gli segnalavo la cosa.

Beh, dopo meno di 2 ore mi ha risposto personalmente (poco importa se fosse proprio lui o un impiegato qualsiasi) ringraziandomi e mettendo in cc la persona che si occupa del mantenimento del sito. Lui, che ha venduto milioni di libri e guadagna in un mese più di quanto guadagnerò io in 10 anni si è preso la briga di rispondere, e intempi ultrabrevi, a un utente rompiscatole che gli segnalava un dettaglio insignificante, e immagino che riceva un numero di mail a 3 zeri ogni giorno.

E' un insegnamento di marketing straordinario per tutte le aziende: il cliente è una risorsa, non una rottura!

Come il Web ha rivoluzionato il mercato degli annunci gratuiti
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Internet per le aziende | Data: Martedì, 10 Febbraio 2004 

Nella prima metà degli anni ’70 esplode anche in Italia il fenomeno dei giornali di annunci gratuiti; si tratta inizialmente di prodotti poco più che amatoriali realizzati da piccoli editori locali all’interno quasi sempre di aziende a conduzione familiare.

Quattro o cinque pagine stampate, fitte di annunci, bassi investimenti iniziali ed una duplice prospettiva di ricavi; da un lato, con l’offerta di annunci gratuiti per i privati, si puntava a far crescere i contenuti, spingendo conseguentemente le vendite in edicola, dall’altro, proprio grazie alla crescita delle vendite in edicola, questi editori iniziarono a proporre alle aziende il loro giornale come strumento pubblicitario di promozione sul territorio.

Un modello dunque molto semplice che venne mutuato da quelle realtà francesi, nord americane e soprattutto inglesi presso le quali aveva già avuto modo di affermarsi e di dimostrare tutte la sue potenzialità.

Il successo di queste iniziative, anche nel nostro paese, fu immediato; il giornale di annunci rappresentava infatti per i suoi lettori un nuovo modo, più semplice ed economico per vendere, comprare o scambiare merce di ogni tipo prescindendo dalla presenza fisica di compratore e venditore in uno stesso luogo fisico (come era ed è ancora nei mercatini rionali)

Negli anni seguenti da un lato la componente prezzo (la maggior parte dei prodotti proposti per la vendita in un annuncio gratuito sono prodotti usati o comunque non nuovi) dall’altro l’elevata diversificazione merceologica hanno contribuito all’affermazione del mercato su scala nazionale.

In questo quadro la connotazione “localistica” del prodotto ha tuttavia sempre rappresentato un valore vincente; i lettori andando in edicola cercavano un giornale ricco di occasioni da prendere al volo, magari con una semplice telefonata, magari in giornata.

Questa necessità di localizzazione spinta dei contenuti ha portato ad una strutturazione geografica del mercato molto ben definita e ad una sorta di spartizione del territorio tra i diversi competitor che si riunivano nella associazione di categoria (Anspaeg, www.anspaeg.it); di fatto a Milano troviamo Secondamano, a Padova Portobello, a Firenze La Pulce ed a Roma Porta Portese.

Nel modello che abbiamo descritto la funzione principale del giornale di annunci gratuiti consiste nel creare un’occasione di contatto tra domanda ed offerta; se questo contatto si conclude o meno in modo positivo non è materia di interesse per l’editore. Questi è infatti concentrato nell’ottimizzazione dei processi distributivi e nella valorizzazione dei suoi lettori con la vendita di spazi pubblicitari ed è impensabile infatti, oltre che eccessivamente oneroso, strutturare un processo che integri la verifica della correttezza dei dati dell’inserzionista privato con il controllo e l’assistenza per il completamento della transazione

Per anni, tuttavia, questo limite non ha rappresentato un pericolo concreto per la prosperità degli editori coinvolti; non esistevano infatti alternative ai giornali di annunci per le particolari esigenze che questi riuscivano a soddisfare tra i loro lettori.

E’ a partire dalla seconda metà degli anni ’90, con la diffusione di massa di Internet anche in Italia, che questa situazione muta radicalmente; iniziano infatti a farsi notare in questo periodo realtà come i siti di annunci e di aste online, nate proprio sfruttando il modello dei giornali di annunci cartacei e tra queste la più importante per numero di utenti iscritti e prodotti disponibili, è sicuramente eBay.com.
Queste nuove iniziative, come detto, traggono ispirazione dai giornali di annunci, ma superano il modello perfezionandolo e dando vita ad un qualcosa di assolutamente nuovo per la sua capacità di gestire e tenere traccia dell’intero processo di acquisto.

Come nei giornali di annunci c’è il controllo dell’inserzionista, la verifica dei suoi dati, ma grazie alle potenzialità di un media interattivo come il Web c’è molto di più; il sito diventa infatti luogo virtuale dove si ricostruisce e materializza la socialità dei vecchi mercatini rionali, dove è possibile che nasca un dialogo tra venditore e potenziali compratori per avere chiarimenti sulla merce, dove prima di completare l’acquisto è possibile ottenere informazioni sulla reputazione di un venditore e dove, con il meccanismo del prezzo dinamico, è possibile acquistare con la certezza di un prezzo equo rispetto alla domanda presente nel mercato.

Con la diffusione di questi nuovi strumenti si crea un solco sempre più profondo tra le nuove iniziative dei siti di aste online e gli ormai “vecchi” giornali di semplici annunci; dove questi ultimi offrono solo la possibilità limitata di generare un contatto senza riuscirne a garantirne la qualità e investendo buona parte dei guadagni nel miglioramento delle politiche distributive, i siti di annunci ed aste online offrono infatti una soluzione completa dall’inizio alla fine della transazione e oltre azzerando il costo di distribuzione e concentrando ogni attenzione sulla generazione di valore per i propri utenti.

Di fatto eBay ad esempio non solo gestisce l’assegnazione della merce con il meccanismo del prezzo dinamico, ma sbriga anche le pratiche per la definizione del pagamento (attraverso il sistema PayPal) ed in più permette a questa singola transazione di entrare nella storia della sua comunità di utenti chiedendo a venditore e compratore coinvolti di lasciare un feedback sulla loro esperienza di acquisto; questo feedback, come detto, sarà domani utilizzato da altri utenti per valutare la reputazione di un venditore o di un compratore contribuendo così ad ottimizzare il sistema.

Il successo, strepitoso, di realtà come eBay sembrano dimostrare la capacità di Internet di integrarsi con vecchi modelli di business in modo nuovo, più efficiente ed in grado di garantire fonti di ricavo diversificate e crescenti (commissioni su singola transazione, vendita di spazi pubblicitari e servizi redazionali, etc.)

Oggi gli editori che trenta anni fa inventarono i primi giornali di annunci, si trovano a doversi confrontare con questa realtà e non hanno molte alternative. O scelgono di imparare, con la stessa umiltà degli inizi, la grammatica del nuovo media oppure, consapevolmente, scelgono di scomparire.


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